Giampaolo: “Sarri fece il mio nome all’Empoli quando andò via”

Le sue parole Marco Giampaolo, ex allenatore dell’Empoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni alla Gazzetta dello...

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Le sue parole

Marco Giampaolo, ex allenatore dell’Empoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni alla Gazzetta dello Sport:

Il lavoro che ha ereditato da Sarri le è servito?

“Certo, sono arrivato in una squadra che veniva da lontano, abituata a lavorare in un certo modo da anni. Andavano a memoria. Se porti avanti un gruppo per anni, hai dei vantaggi: devi solo perfezionare. Altrimenti c’è bisogno di tempo, perché per addestrare la squadra a muoversi collettivamente serve tempo. Che devi riuscire a guadagnare mettendoci dentro qualche risultato, se no ti mandano a casa. Io a Empoli ho osservato e ho iniziato a interagire con discrezione. Mi sono guardato e riguardato tutte le partite dell’anno precedente e poi ho iniziato a trasmettere la mia idea di calcio. Noi forse rispetto all’anno scorso abbiamo cercato più il palleggio e meno la profondità. La cosa più bella me l’ha scritta
Maccarone, cioè che sono rimasto nel cuore di tutti per la mia coerenza e modo di fare”

Sarri aveva lasciato l’Empoli in buone mani…

“Fu proprio lui a chiamarmi a gennaio e a dirmi “Guarda che se io dovessi andar via, ho parlato al club di te”. E’ un amico, abbiamo fatto il corso a Coverciano insieme, mi ha mostrato il suo archivio, abbiamo idee in comune sul calcio”

Qual è la sua squadra di riferimento? Guardiolismo o Cholismo?

“Questione di gusti. Ma bisogna anche guardare i risultati in un arco di tempo più lungo. A me, la squadra che più è piaciuta in assoluto è il Barça di Guardiola. Roba da fantascienza, per chi ama il calcio è stato il massimo. L’Atletico Madrid? Diciamo che mi diverte meno…”

E in Italia?

“Quest’anno mi sono divertito a vedere Fiorentina e Napoli ,anche il Crotone di Juric che è molto bravo. Viola e azzurri sono diventati prevedibili? È il rischio delle squadre molto codificate. È per questo che bisogna allenare più il principio degli schemi. La profondità, per esempio, di cui Spalletti è un maestro. Non dice “Tu la passi a lui e lui la mette in verticale”. No, alleni a riconoscere una situazione che non è preordinata”

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