Pedofilia, risarcimento record per Salvatore, il figlio di Matilde Sorrentino

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Oggi ha trent’anni, quando lo violentarono a scuola ne aveva sette. Riceverà un risarcimento di 800 mila euro perché gli hanno negato «il diritto all’infanzia». Uno status che tocca a tutti i bambini del mondo, e che orchi pedofili e camorra che spadroneggia sull’hinterland vesuviano avevano tolto a Salvatore e a suo fratello Giuseppe, che gli ha fatto da tutore dopo la morte dei genitori.

Una sentenza emessa ieri dalla Corte d’Appello di Napoli rimette – almeno dal punto di vista civilistico – le cose a posto sulla brutta storia del Rione Poverelli di Torre Annunziata, dove alcuni bambini di una scuola elementare finirono nelle mani di una banda di pedofili che a lungo li violentò dopo averli storditi con whisky e minacciati con siringhe e li filmò in pose raccapriccianti. Sono passati più di vent’anni e quella brutta storia è arrivata alla conclusione processuale. La sentenza è uscita a chiusura del procedimento seguito in tutti questi anni dagli avvocati Elena Coccia e Marco Ferrara.

PEDOFILIASalvatore all’epoca dei fatti, che ebbero inizio nel ‘95, aveva 7 anni, a stento ricorda quei giorni tremendi. Tre madri coraggio del paese in cui Giancarlo Siani si era occupato degli affari del clan Gionta, denunciarono i fatti. Una di loro era Matilde Sorrentino, la madre di Salvatore: a 49 anni nel 2004 fu uccisa a bruciapelo sulla porta di casa sotto gli occhi del figlio, che riconobbe il killer. La vendetta degli orchi che sette anni prima la donna aveva consegnato alla giustizia. Intanto i processi andavano avanti e il piccolo Salvatore, che perse anche il padre, stroncato da un infarto, fu affidato al fratello maggiore. Solo lui aveva subito violenza, ma quel dolore i due ragazzi lo condivisero, insieme con altre privazioni: quella di dover scappare da casa loro, per non subire altre minacce, quella di non poter andare a scuola e oggi di essere impossibilitati perciò a lavorare.

Derubati dell’infanzia e di ogni altro diritto, perché perennemente in fuga, come prevedeva il programma di protezione dei testimoni di giustizia.
L’11 giugno ‘97 era scattato il blitz: 17 arrestati. Due indagati – un bidello e il fotografo – vengono prosciolti, gli altri condannati in primo grado. Ma nel ‘99 escono dalla galera per scadenza dei termini. Una libertà che dura poche ore: a un giorno di distanza engono giustiziati dalla camorra Ciro Falanga e Pasquale Sansone, condannati a 15 e 13 anni per gli stupri ai bambini.

Al centro della sordida vicenda c’era una scuola elementare, il III circolo di Torre Annunziata, ma gli insegnanti furono assolti dalla responsabilità penale. Dai difensori dei ragazzi fu sottoposta alla giustizia civile l’ipotesi della mancata vigilanza. Comune e ministero dell’Istruzione avrebbero dovuto sorvegliare quanto accadeva nei bagni e nella cantine dell’edificio scolastico dove gli orchi avevano la meglio sui bambini. I mandanti dell’omicidio di Matilde non sono mai stati scoperti. I responsabili secondo i giudici non avevano a che fare con i clan, quindi i figli di Matilde Sorrentino, esclusi dal programma di protezione, non furono riconosciuti vittime di camorra.

Rischiava di cadere anche la responsabilità civile: Comune di Torre Annunziata e ministero presentarono appello contro la sentenza di primo grado. Ora invece la Corte d’Appello ha sostenuto nella nuova sentenza che ogni bambino stipula un contratto con la scuola e che il ministero ha quindi la responsabilità su tutto quello che succede nella scuola durante l’orario delle lezioni. L’obbligo di «vigilare sulla sicurezza e sull’incolumità dell’allievo» e affinché «nei locali scolastici non si introducano persone che possano arrecare danno agli alunni» è stato riconosciuto per il ministero, ma non per il Comune: era stato riconosciuto colpevole un Lsu, contrattualizzato con il Comune, ma è intervenuta la prescrizione.

La sentenza penale di primo grado afferma: «Dall’intero processo scaturisce un atto di accusa nei confronti dell’istruzione scolastica che è stata incapace di tutelare i bambini che le erano stati affidati, incorrendo in sottovalutazioni e acquiescenze che non dovrebbero far parte del bagaglio etico e culturale degli educatori». Salvatore e il fratello maggiore riceveranno un risarcimento di mezzo milione di euro, che con gli interessi calcolati dal 1995, salirà a 800 mila euro. «Naturalmente – dicono i difensori Elena Coccia e Marco Ferrara – stiamo valutando anche l’altra strada finora chiusa, quella del riconoscimento dello status di vittime della criminalità organizzata per Salvatore e Giuseppe. Abbiamo fatto ricerche d’archivio e risulta che tutti i coinvolti nella vicenda di Rione Poverelli di Torre Annunziata avevano ricevuto condanne per reati di camorra. Tutti ci risultano legati a doppio filo con l’organizzazione criminale dei Gionta e altri clan».

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