Il piano di Minniti per le piazze sicure

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Un’altra piazza San Carlo non ci dev’essere: è il ministro dell’Interno Marco Minniti ad affermarlo in un colloquio da cui emerge il piano a cui sta lavorando al fine di “garantire incolumità e sicurezza”. “Bisogna governare il panico coinvolgendo le strutture civili” sottolinea, riferendosi alla necessità di “integrare le attività di forze di sicurezza, protezione civile, vigili del fuoco e vigili urbani”.

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TORINO – «Studiare nuovi metodi di prevenzione e gestione del panico» per evitare il ripetersi di nuovi drammi collettivi come quello avvenuto sabato sera a Piazza San Carlo. È con questo intento che il ministro degli Interni, Marco Minniti, sta elaborando una nuova dottrina di sicurezza per «proteggere i cittadini dalla paura». La formula con cui farlo è «far coincidere la safety e la security», ovvero «l’incolumità dei cittadini e la sicurezza in modo». A spiegarlo è lo stesso Minniti durante la visita a Torino alle vittime più gravi di quel sabato di follia, incontrando anche i soccorritori e tracciando una strada per «evitare fatti analoghi». L’intento è battere una «psicosi che genera ansie e che mette a rischio l’incolumità dei cittadini e crea un problema di sicurezza». In quanto alla fine tutto ha una radice. «Perché – spiega ancora il ministro – c’è un collegamento emotivo diretto tra l’attentato di Manchester e il panico di Torino. Là c’è stato l’attacco, qui s’è innescata la paura: l’effetto che i terroristi volevano creare lo abbiamo avuto noi».

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Come riuscire ad evitare tutto questo, è una questione che «richiede un cambio di visione complessiva del problema». E che passa attraverso quella che lui chiama «gestione integrata della piazza» da parte di «forze dell’ordine assieme a Protezione civile, Vigili del fuoco e vigili urbani». Ovvero, le strutture civili integrate con le forze di sicurezza. E questo è un cambio di passo, epocale, rispetto a ciò che è stato fatto fino ad oggi, almeno in occasione dei grandi eventi. Ecco, anche su questo punto il ministro dell’Interno è estremamente chiaro: «Il modello di sicurezza che noi oggi applichiamo prevede l’integrazione fra le forze di sicurezza e l’esercito. Cosa che è stata fatta, e con successo, anche in occasione delle celebrazioni dei sessant’anni dei Trattati di Roma e per il G7 di Taormina. E questa è la security. Ma sul fronte della “safety” è fondamentale pensare, ed agire, in modo differente».

Lavorare insieme è una strada. Ma non è tutto perché poi si dovrà tradurre la teoria in un sistema pratico e che funzioni, davvero. Dal Cnr di Roma arriva uno studio che spiega come poche persone possono indirizzare una folla. E che si potrebbe adoperare in caso di fughe di massa. A Torino, invece, sabato notte la folla è fuggita in modo disordinato. Ci sono state «tre ondate di panico». Con la folla che correva in ogni direzione, travolgendo e provocando feriti, anche molto gravi. E questi ultimi lontano dalla piazza stessa, nelle strade adiacenti al luogo della proiezione. Tre ondate. È il panico che alimenta se stesso, che entra negli altri. Che si moltiplica perché tutti corrono ovunque. Per evitare che ciò avvenga servono tecniche innovative. Come «indicare le vie di fuga prima dell’evento, ad esempio utilizzando una star oppure un calciatore che sale sul palco e spiega al pubblico dove andare in caso di necessità è una ipotesi sulla quale lavorare», spiega ancora Minniti: «Bisogna saper governare gli animi anche in caso di emergenza. E anche questo è uno dei compiti di uno Stato che intende garantire la sicurezza e l’incolumità ai suoi cittadini».

Già, lo Stato. Minniti lo dice subito: «Sono qui a Torino perché l’Italia vuole essere vicina ai feriti e ai soccorritori. Ho incontrato sia gli uni che gli altri e mi sono reso conto del lavoro straordinario che il sistema sanitario di Torino ha svolto quella notte. Certo qualcosa non ha funzionato. Bisogna ricostruire nel dettaglio affinché non si ripeta più, né a Torino né in altre parti del Paese». Non riuscirci sarebbe un danno decisamente rilevante per l’Italia. E su questo il responsabile del Viminale non ha dubbi: «Se non comprendiamo cosa è accaduto è l’Italia stessa che rischia di fermarsi. Ricostruire la verità storica di quella notte porterà invece a migliorare la sicurezza di tutti gli italiani».

Ecco siamo di nuovo lì, ai concetti di sicurezza e incolumità. Minniti è molto chiaro quando dice: «Non è il momento di dire di chi è la colpa di ciò che è accaduto: c’è un’inchiesta della magistratura in corso, ci sono state delle carenze sulle quali bisogna fare luce. Ma l’obiettivo finale è ricostruire la verità storica dei fatti che porterà a migliorare la sicurezza degli italiani stessi».

Psicosi, ansie che mettono a rischio l’incolumità e la sicurezza e nuove strategie. La strada è tracciata. E va a completare quella nota che il Capo della polizia Franco Gabrielli ha diramato a tutte le questure del Paese subito dopo Manchester.

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