Legge elettorale: un clima di tensione segna anche la festa della Repubblica al Quirinale

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L’approvazione del testo sul nuovo sistema di voto, dopo le tensioni dei giorni scorsi e le liste bloccate che creano malumori anche tra i Cinque Stelle e nel Pd, non appare per nulla scontata ed un clima di tensione segna anche la festa della Repubblica al Quirinale.

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Alla celebrazione del 2 giugno tiene banco la legge elettorale. Il leader Pd: se si sfila il M5s salta tutto. Gentiloni defilato

ROMA – Con i Cinque stelle siamo partiti bene, ma non sono così convinto che tengano». È tardo pomeriggio, l’orchestra suona la musica del “Padrino” in sottofondo al chiacchiericcio degli ospiti. Vicino ai gazebo bianchi sulla sinistra del giardino, Matteo Renzi in gessato grigio stringe mani, scatta selfie, scherza con i sindaci del terremoto. Arrivato al tradizionale ricevimento del Quirinale per la festa della Repubblica per la prima volta non più come premier, ma solo come segretario Pd, con qualche interlocutore racconta sinceramente come la vede, in questa giornata che sembra rimettere tutto in discussione. Sembrava fatta fino a poche ore prima: una miracolosa intesa sulla legge elettorale capace di mettere d’accordo Pd, Forza Italia e M5s sul sistema tedesco, mettendo all’angolo Alfano e la sua Alternativa Popolare. Poi, ieri, le prime crepe, i primi mugugni dall’interno dei Cinque stelle che suonano come un campanello d’allarme. La paura che tutto salti che attraversa il Palazzo e anche qui, in questo gran ballo dei potenti, rimbalza da un capannello all’altro. «Se si sfilano i Cinque stelle, salta l’accordo», confida il leader Pd.

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Dall’altra parte del giardino, loro, i pentastellati, chiacchierano in un tavolo rotondo. Per la prima volta è venuto Luigi Di Maio, accompagnato dalla fidanzata Silvia Virgulti, ma c’è anche Roberto Fico, che proprio ieri ha ammonito «l’accordo non è scontato» scatenando timori e nervosismi. «C’è ancora il lavoro di commissione, abbiamo presentato i nostri emendamenti, ma non c’è da parte nostra un ultimatum», cerca di rassicurare Di Maio. «Noi reggiamo, anche perché per il sistema tedesco hanno votato il 95 per cento dei nostri, bisogna vedere se regge la maggioranza…». Lì dove le tensioni sono platealmente deflagrate. «Renzi è stato una delusione umana e politica: dovrà spiegare lui agli italiani perché non facciamo la legge di stabilità. E noi che abbiamo fatto la scissione per fargli fare il governo…», è furibonda la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, mentre dalla grande terrazza che si affaccia sul cupolone di San Pietro si staglia la figura di Angelino Alfano. Cammina verso i giardini, si guarda un attimo intorno. Individua laggiù la sagoma di Renzi, lo osserva da lontano, si guarda bene dall’incontrarlo. «Tra noi c’è sempre stato un rapporto leale, quasi affettuoso, non capisco questo attacco personale… O forse sì: mercoledì, il giorno in cui mi ha definito “il ministro di tutto”, avevo fatto un post su Facebook in cui lo attaccavo. È passato praticamente inosservato, ma tra i pochi che l’hanno letto c’era lui», racconta. Il deputato Pizzolante ha rivelato come già a febbraio l’ex premier chiese ai centristi di far cadere il governo Gentiloni: «Io sono un avvocato: quello che ha detto Pizzolante in tribunale si configura come fatto notorio. Non ha svelato chissà quale segreto: basta leggere i giornali di quei giorni», conferma tutto.

Il premier Gentiloni presente con la moglie Emanuela resta defilato, lontano dai giornalisti. A Renzi riserva però un abbraccio caloroso che sembra voler certificare una perdurante armonia, poi si appartano per un breve colloquio. Si forma una fila lunghissima per omaggiare il padrone di casa, il presidente Mattarella. Tra i tavoli, in cui si spizzica finger food, l’argomento resta la tenuta dell’accordo. «Io spero proprio che regga», sorride il riservatissimo Gianni Letta. Ma tra alcuni eminenti giuristi ci si interroga già anche sulla costituzionalità della legge che nascerà, se i collegi non rischieranno di essere una roulette russa a rischio bocciatura della Consulta.

«Vedrete che i Cinque stelle faranno saltare l’accordo: ho studiato la loro tecnica, è sempre la stessa – si preoccupa il sottosegretario renziano Gennaro Migliore – Prima dicono di sì, poi appena vedono qualche incrinatura nel fronte degli altri si sfilano». Accompagnata dal fratello Emanuele – «il boschino», come lo saluta Renzi – arriva la sottosegretaria Maria Elena Boschi. «I cinque stelle rischiano di non reggere questa legge ma non dal punto di vista del merito – perché a loro va benissimo – ma del metodo. L’idea di fare un accordo con noi e Forza Italia per alcuni di loro è ancora difficile da accettare. Tanto più ora che pare che ci siano magistrati che si stanno avvicinando a loro, e forse non vedono di buon occhio un accordo con Berlusconi… Molto dipenderà anche da come voi giornalisti descriverete questo accordo», è insolitamente loquace, «ma io per ora resto ottimista». Anche perché, considera Renzi, se saltasse la legge e si votasse col Consultellum, per i grillini sarebbe peggio: «Questa legge serve al M5s, se salta loro vanno in difficoltà perché si vota con la soglia all’8 per cento e le preferenze. Per noi non è un problema, noi le preferenze le gestiamo, ma loro?». E forse anche Di Maio ci riflette, visto che a uno dei tanti che vanno a presentarsi e salutarlo, si lascia sfuggire un sicuro «la prossima legislatura è a settembre».

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