La Raggi sotto accusa. Muraro: è nella morsa di gruppi di potere, si deve slegare se vuole sopravvivere

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«La giunta Raggi è nella morsa di gruppi di potere». Il nuovo affondo contro il sindaco di Roma viene dall’ex assessore Paola Muraro e coincide con la scelta di Paolo Berdini, titolare dell’Urbanistica, di dimettersi accusando: «Virginia ha scordato la legalità. Le periferie sprofondano e lei pensa solo al nuovo stadio».

Muraro: “Virginia commissariata da gruppi affaristici dentro e fuori il M5S”

L’ex assessora: si deve slegare se vuole sopravvivere

ROMA – «Berdini avrebbe dovuto lasciare immediatamente: quello che ha detto è imbarazzante e falso. La sindaca non è fragile, inadeguata e senza personalità, come i dissennati comunicatori del Movimento la fanno apparire. Ho assistito a telefonate con i vertici in cui troncava la conversazione dicendo: “La sindaca sono io”».

Certe volte la chiama «la Raggi». Altre «la sindaca». «Fino a Natale era solo Virginia. C’era forte sintonia. Poi il suo commissariamento s’è compiuto. Mi pare provata. Se potessi le direi: sii te stessa, slegati. I romani hanno votato te, non Casaleggio». A due mesi dalle dimissioni da assessore all’ambiente per l’avviso di garanzia, la versione di Paola Muraro.

Il vostro primo incontro?  

«Prima del ballottaggio. Dopo un’ora mi avvertì: lei sarà triturata, se la sente?».

È stata triturata?  

«Da subito. Cominciarono a uscire calunnie politiche ai miei danni. Per esempio che ero pro inceneritori. Falso, non me ne sono mai occupata. Sono specializzata in impianti di compostaggio».

Da dove provenivano?

«Dal sottobosco di pseudoambientalisti che gravitano attorno al Movimento e aspirano a laute consulenze. Se non li foraggi, ti scatenano contro il web. Ho chiuso il rubinetto, era un fiume di soldi, e l’ho pagato sulla mia pelle».

Com’è andata esattamente la vicenda delle sue dimissioni?  

«Quando ho informato la sindaca dell’avviso di garanzia, lei ha convocato i consiglieri comunali dicendo: “Ti autosospendi, chiarisci e torni”. Ma il segretario generale diceva che l’autosospensione non era possibile. Virginia era contraria alle dimissioni e i consiglieri mi difendevano ma i vertici, Grillo e Casaleggio, erano irremovibili. L’imbarazzo era evidente tanto che io sono andata via. Nella notte la Raggi ha postato il video in cui dava la notizia delle dimissioni».

È rimasta delusa?  

«L’intesa era che dopo l’interrogatorio, viste le carte, sarei tornata in giunta. L’indomani mi arrivavano messaggi di solidarietà da consiglieri, assessori, parlamentari come Di Battista che stimo e ha leadership. In realtà il successore era già pronto. Dopo qualche giorno la sindaca mi ha richiamato. Faticava a trovare le parole: “Paola, non posso reggere”. Io l’ho interrotta: “Virginia, ho capito”. Dopo qualche ora ha nominato il nuovo assessore».

Ci ha ripensato?

«Mi sono dimessa per fedeltà ai dettami del Movimento. In realtà l’avviso di garanzia era l’atteso escamotage per farmi fuori».

Rifarebbe tutto?  

«Non offrirei le dimissioni, li costringerei a cacciarmi».

Condivideva il programma M5S?

«A parte qualche bizzarria come quelle sul riciclo dei pannolini, totalmente. E ho provato ad applicarlo. Senza di me, è stato tradito».

Che cosa intende?  

«C’è all’opera un gruppo trasversale di affaristi dentro e fuori il Movimento. L’ho capito dall’interno. Un’esperienza che mi ha aperto gli occhi. Per questo dico agli attivisti 5 Stelle: io ho fatto da scudo umano, voi svegliatevi prima che sia tardi».

Perché, a suo giudizio, volevano farla fuori?  

«C’è stato un grande scontro. Per tre volte gli assessori alle aziende partecipate mi hanno presentato un progetto di partnership con Acea. Io l’ho sempre rispedito al mittente».

Perché?  

«Premetto che è un vecchio piano studiato da diversi anni dalle amministrazioni precedenti. Prevede nuovi impianti su terreni di Acea e non di Ama. Questo è il vero business. Altro che rifiuti zero. Su questo la mia posizione divergeva da quella di Colomban».

Lui che rispondeva?

«Colomban è capace e pratico, non lascia molto spazio. Diceva di avere un filo diretto con Grillo che chiamava “Beppe” e con i parlamentari nazionali. In realtà non ha nulla di grillino. In una riunione mi disse: “Non si governa con l’utopia”».

Lei che cosa pensava?

«Che Roma non può essere governata da avvocati liguri e manager lombardi e veneti, che non sanno dov’è Centocelle, quali sono i parchi o com’è difficile la raccolta differenziata a Tor Bella Monaca».

Che c’entrano gli avvocati?  

«La nomina del direttore generale dell’Ama, l’azienda rifiuti della Capitale, fu fatta da Casaleggio attraverso tale avvocato Lanzalone, che in pieno agosto si presentò a una riunione con una lista di candidati. Bina, il prescelto, veniva dall’azienda di Voghera, non proprio una metropoli, dove faceva appena il 30% di differenziata. Gli telefonammo che era in spiaggia. E’ inadeguato perchè proveniente da una realtà pari a un quartiere di Roma, spiegai. Fui zittita».

Perché Bina è importante?  

«Quando è arrivato a Roma, ha confessato di non aver nemmeno letto il programma del M5S. Aveva un compitino da fare non proprio in linea col programma Raggi. Ho capito che gli obiettivi erano diversi».

Quali sono questi obiettivi?  

«Lo stipendio di Romeo e la nomina di Marra sono specchietti per le allodole. Parliamo di qualche decina di migliaia di euro. Il business dei rifiuti a Roma vale miliardi. Acea può diventare la multiutility più grande d’Europa. Quello che destra e sinistra non sono riusciti a realizzare, potrebbero farlo i grillini».

La Raggi ne è consapevole?  

«Fino a un certo punto avevo la sua copertura totale. In simbiosi, nelle sabbie mobili. Poi si è dovuta piegare. Penso che se ne sia resa conto».

Lei sapeva delle chat dei “quattro amici al bar”?  

«Le chat erano molte. Un giorno Virginia disse: “Basta, non riesco a star dietro a tutte”».

Che orizzonte ha la Raggi?  

«Dipende dalla capacità di liberarsi da lacci e lacciuoli che le hanno imposto dall’esterno».

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lastampa/Muraro: “Virginia commissariata da gruppi affaristici dentro e fuori il M5S” GIUSEPPE SALVAGGIULO

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