Giorgio Napolitano critica il ”patto extra costituzionale di 4 leader”

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ROMA – Nubi scure sopra il cielo della Camera quando Grillo lancia un’intemerata contro una «legge che non si capisce». E un vento ostile soffia dal Senato, dove Napolitano dal palco di un convegno a palazzo Giustiniani spara ad alzo zero, contro «questa grande intesa di quattro leader di partito che agiscono solo calcolando le proprie convenienze» e «questo abnorme patto extra-costituzionale sulla data del voto». Brivido in sala Pd, dove il timore, subito rientrato dopo rapido giro di telefonate, è che il presidente emerito parli anche per conto del suo successore. E quindi i riflettori si concentrano sui 5Stelle.

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MINACCE DI ROTTURA

«Se Grillo si sfila salta l’accordo», sentenzia il coordinatore Pd Lorenzo Guerini. Del resto, fiutando il temporale in arrivo dalle sponde grilline, i due capigruppo di Pd e Forza Italia fin dalla mattina si mettono al vento e sparano razzi di avvertimento. Il senso è: nessuno si sfili, nessuno faccia scherzi, altrimenti non si va avanti e si va a votare l’anno prossimo con le leggi partorite dalla Consulta. Da ore trapela la voglia dei pentastellati di alzare il prezzo provando a strappare la carta del voto disgiunto, per fare il pieno nelle urne col simbolo M5S a scapito degli altri partiti forse più corazzati nei collegi. Ma le loro due richieste di preferenze e voto disgiunto non sono digeribili da Forza Italia e Pd, quindi l’avviso è chiaro. Quando Grillo da Taranto lancia la prima bordata fa dunque tremare tutti i contraenti. Poi, quando poco dopo si corregge «la legge è costituzionale, avanti così», tutti pensano che lo faccia su richiesta dei suoi alla Camera, ma che abbia voluto lanciare un segnale ostile. «Oggi sono a Taranto e ho visto i segni che l’Ilva ha lasciato sulla città. Per questa gente la legge elettorale è l’ultimo dei problemi. E questo è ciò che ho detto loro». Insomma, allarme rientrato, ma la guardia resta alta e nessuno si fida. «È chiaro che fino al voto finale del Senato, la certezza non la puoi avere», mormorano rassegnati i Dem. Consci che su preferenze e voto disgiunto c’è il niet totale di Forza Italia «e quindi se loro insistono salta tutto».

TAM TAM SUL 24 SETTEMBRE

Le scudisciate di Napolitano preoccupano meno i partiti ma fanno male. Il presidente emerito non digerisce la corsa alle urne, si scaglia contro «il paradossale dibattito sul voto anticipato», che produce incertezza politica. Non gradisce affatto che si giochi con la legge di bilancio e con le date, creando «instabilità di governo, prospettando senza motivazioni sostenibili ipotesi di date per elezioni anticipate e per scadenze come la presentazione del bilancio dello Stato 2018». Appena finisce di parlare telefoni roventi tra i vari Palazzi. E nel Pd torna la quiete solo quando si appura che Napolitano non parla per conto di Mattarella: il quale in ogni caso – dicono i Dem – «prenderebbe atto della volontà maggioritaria del Parlamento». Il tema viene eluso da Renzi, «non c’è nessuna fretta di andare a elezioni», che quando usa lo slogan che «il punto è abbassare le tasse», fa in realtà capire di essere già in campagna elettorale. E nel Pd circola sempre più con insistenza la data del 24 settembre per le urne.

COLLEGI, RISPUNTA L’ITALICUM  

Ma se il diavolo si annida nei dettagli di ogni legge elettorale, non va preso sottogamba il timore che la questione dei collegi da ridisegnare diventi il classico granello in grado di inceppare tutto l’ingranaggio. Alfano bolla la legge come incostituzionale «perché utilizza collegi obsoleti», in base ad un censimento del ’91 e non del 2011 come d’obbligo. Dai piani alti dei Palazzi fanno sapere che per evitare problemi seri, sarebbe meglio far revisionare dal Viminale e dall’Istat lo stato dell’arte, se si andasse al voto. E dunque i grandi partiti stanno valutando di metterci una pezza: tornare alla tabella dei cento collegi previsti nell’Italicum per la Camera, facendoli valere per il Senato. Ma la vera paura di oggi sono i voti segreti sulla parità di genere che possono essere la miccia per far esplodere tutto, occasione di imboscate di franchi tiratori.

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