G7 di Taormina: le prime intese

Un summit G7 nato con le peggiori premesse ha ottenuto, ieri, un primo importante risultato: l’impegno...

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Un summit G7 nato con le peggiori premesse ha ottenuto, ieri, un primo importante risultato: l’impegno dei Sette Grandi a continuare con maggiore determinazione nella lotta al terrorismo, premendo sui colossi di internet perché evitino la diffusione in rete di materiale di propaganda jihadista. Su temi quali il commercio e la lotta al cambiamento climatico si rischia però di giungere a un nulla di fatto a causa delle divergenze tra il neo presidente Usa, Donald Trump, e i suoi partner.

Prima ancora dell’inizio dei lavori, Gentiloni si dice consapevole che “non sarà un confronto semplice”, ma confida anche in quello che chiama “lo spirito di Taormina”, ovvero il connubio di storia, cultura e bellezza che solo la Sicilia può offrire e che “può aiutare nella giusta direzione” e portare “la comunita’ internazionale attraverso il G7 a dare risposte a quello che i cittadini oggi ci chiedono, sul terrorismo e la sicurezza, innanzitutto”. Ed è in quest’ambito che si può annoverare una vittoria per la Presidenza italiana, dato che il rischio di chiudere la due giorni di Taormina con un documento annacquato e senza reali impegni dei paesi che si sono seduti attorno al tavolo erano concreti.

Ma riperorriamo il percorso con i problemi sul tavolo ed i relativi ostacoli.

Il primo ostacolo che si è trovato ad affrontare Paolo Gentiloni è la fase di transizione che attraversano diversi Paesi amici, dagli Stati Uniti alla Francia, passando per la Gran Bretagna in piena Brexit e la Germania che si appresta al voto. Il cambio di testimone alla Casa Bianca, ad esempio, ha di fatto portato a uno stallo sul clima. Già ieri la delegazione italiana aveva dovuto registrare come il confronto, anche a livello di sherpa, si fosse arenato. E non sembra una scelta casuale quella di Gentiloni di sedere proprio tra i due nuovi arrivi in seno al G7, Donald Trump ed Emmanuel Macron.

Le esplosioni di Manchester riecheggiano ancora nella stanza in cui sono riuniti i leader e diventa doveroso per il presidente del consiglio rivolgersi a Theresa May per ribadire la solidarietà del “mondo occidentale, del mondo libero” e l’impegno perché ci sia “una risposta forte all’attacco ignobile che a Manchester è stato sferrato contro innocenti”. Ed è proprio su questo punto che arriva una risposta forte, rappresentata proprio dalla dichiarazione in gran parte centrata sul “rafforzamento della cooperazione delle sette grandi economie del mondo occidentale, dalla collaborazione informativa all’impegno perché i grandi internet service provider” si attivino per contrastare quei contenuti della rete che “spesso anticipano o amplificano degli atti di terrorismo”. May, ripartita in anticipo per l’emergenza terrorismo in patria, ha ringraziato i partner per la solidarietà. “Stiamo lavorando con i provider di Internet per bloccare la propaganda dell’odio che sta annebbiando la mente dei giovani”, ha riferito prima di lasciare Taormina, “abbiamo individuato una serie di strumenti per potenziare la cooperazione con i colossi per eliminare automaticamente i messaggi di odio”.

Tocca al tema “migranti” e per esso Gentiloni evoca lo “spirito di Taormina”

Sul valore simbolico della location, l’Italia punta molto e Gentiloni lo ripete ai partner appena seduti attorno al tavolo per la prima sessione dei lavori. La Sicilia è un ideale ponte tra le due sponde del Mediterraneo, spiega ancora il premier nel fare riferimento al tema migranti. Tema che sta a cuore alla presidenza italiana, ma sul quale si profila una concessione alla linea dura del Trump del muro con il Messico e della stessa May post-Brexit per cui prevale l’interesse nazionale dato che, nella bozza della dichiarazione, si afferma la necessità di tutelare i profughi e i migranti più deboli, come le donne a rischio e i minori non accompagnati, ma anche il diritto “sovrano” degli Stati di presidiare i propri confini e di fissare “tetti” all’immigrazione. Più che all’accoglienza, quindi, si fa riferimento al diritto di portare avanti “politiche sull’immigrazione nel proprio interesse nazionale”, come si evince dalla Bozza stilata che recita:

I governi hanno il diritto “sovrano” di chiudere le loro frontiere e di fissare delle soglie per i migranti. E’ quanto si legge in una bozza di conclusioni che circola al G7 di Taormina. “Nel rispetto dei diritti umani e di tutti i migranti e rifugiati -si legge nel documento citato dall’agenzia tedesca Dpa- riaffermiamo i diritti sovrani degli Stati a controllare i propri confini e a fissare i limiti chiari sui livelli di migrazione come elemento chiave della sicurezza nazionale e del benessere economico”.

Nella bozza si ribadisce poi “la necessità di sostenere i rifugiati il più vicino possibile ai loro paesi di origine, in modo che siano in grado di tornare” e “di creare partnership per aiutare i paesi a creare le condizioni all’interno dei loro stessi confini per risolvere le cause delle migrazioni”.

I paesi devono assicurare inoltre “una migrazione sicura, legale e organizzata” e “proteggere i migranti e rifugiati più vulnerabili come le donne, gli adolescenti, i bambini e i minori non accompagnati”. Inoltre nel documento si mette l’accento sul rafforzamento del controllo ai confini.

Tutti questi, si sottolinea, “sono gli strumenti essenziali per ridurre la migrazione irregolare, combattere il contrabbando, il lavoro forzato, la schiavitù moderna e il traffico degli esseri umani e affrontare le questioni legate alla criminalità organizzata transnazionale, all’estremismo violento, al terrorismo e al commercio illecito”. In questo modo, si legge ancora nella bozza del documento, “saremo in grado di salvaguardare gli aspetti positivi della migrazione riconoscendo il diritto intrinseco dei paesi ospitanti a stabilire politiche nel loro interesse nazionale”

al punto che le Ong hanno parlato di “testo miope e regressivo” e della perdita dell’annesso che porta con sè quello della stabilizzazione in Libia e Siria e la lotta all’Isis. Sul tema, comunque, le fonti ricordano tuttavia che la discussione vera e propria “ci sarà oggi”. Intanto “si continua a lavorare sui due paragrafi” ad hoc del testo finale, ma “non ci sono problemi” con gli americani, che hanno chiesto maggiore attenzione alla sicurezza.

Ma se dal G7 viene fuori che, comunque, almeno un patto su migranti ci sarà,  su clima e commercio non c’e intesa e Trump gela i partner visto che lascia in sospeso la questione dell’accordo di Parigi sul clima, firmato dall’amministrazione Obama e ora “sotto revisione” da parte di quella Trump. “Gli Stati Uniti hanno confermato di avere in corso una riflessione sull’accordo di Parigi”, sono le parole del presidente del Consiglio. “Ci auguriamo che questa riflessione porti a conclusioni positive nelle prossime settimane”, ha aggiunto, lasciando capire che nessuna svolta arriverà da Taormina. Francia e Germania, peraltro, insistono perché non vi siano compromessi al ribasso sulla salvaguardia del clima.

Sul commercio, la distanza tra il presidente dell'”America First” e i partner è stata ammessa implicitamente dallo stesso consigliere economico di Trump, Gary Cohn, che lo ha definito “un grande tema” precisando che il presidente si riferiva ‘solo’ all’intollerabile disavanzo commerciale con la Germania quando a Bruxelles ha definito i tedeschi “molto cattivi”.

Insomma, si sta avverando la previsione formulata dal presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, che in mattinata aveva parlato di “vertice più difficile degli ultimi anni”.

In conclusione, una nota anche su Vladimir Putin che, inevitabilmente, è stato convitato di pietra

Nel terzo summit dei Grandi senza la Russia si parla inevitabilmente anche dei rapporti con Mosca, sullo sfondo dello caso ‘Russiagate’ che continua a imbarazzare l’amministrazione Trump con nuove rivelazioni sul genero-consigliere Jared Kushner ritenuto “persona di interesse” dall’Fbi. Trump ha fatto sapere che Washington esclude un alleggerimento delle sanzioni contro il governo di Vladimir Putin, semmai pensa a un inasprimento. Una linea dura contro Mosca che tradisce le promesse di distensione fatte in campagna elettorale. E che, come il raid aereo in Siria, tradisce forse la necessità di sopire le accuse di relazioni troppo strette con il Cremlino di cui Trump continua a essere bersaglio in patria.

vivicentro.it/politica
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fonti da agenzie /agi/adnkronos

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