Francia, la versione di Mélenchon, l’outsider di sinistra che punta all’Eliseo

Domenica la Francia va al voto per il primo turno delle presidenziali ed è ancora...

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Domenica la Francia va al voto per il primo turno delle presidenziali ed è ancora difficile capire chi prevarrà e quali tattiche si potranno scatenare in vista del secondo turno. A complicare lo scenario contribuisce anche la notevole ascesa dell’outsider di sinistra Jean-Luc Mélenchon che, intervistato da La Stampa, dice: «No a questa Ue che impone il libero scambio».

Mélenchon: “No a questa Europa che impone il libero scambio”

L’outsider di sinistra che punta all’Eliseo esalta il protezionismo: «Difendiamo le produzioni francesi. Rinegozierò i trattati della Ue»

PARIGI – Il «comandante» si è raccomandato: niente bandiere rosse, solo tricolori. Pugni alzati? Per carità. A 65 anni suonati, il nuovo Jean-Luc Mélenchon, in rimonta nei sondaggi, a pochi giorni dal primo turno delle presidenziali, deve rassicurare.

Ma la strampalata orchestra di tromboni, sul ponte della chiatta, che si avvicina lentamente alla banchina del canale dell’Ourq, periferia Nord di Parigi, intona «Avanti popolo». E gli astanti cantano, in italiano. Il comandante invita alcuni giornalisti a salire.

Signor Mélenchon, lei è il candidato dell’estrema sinistra?  

«Macché. Quella è rappresentata da altri candidati, come Philippe Poutou o Natalie Arthaud. Io non propongo la socializzazione di tutti gli strumenti di produzione o l’eguaglianza dei salari. Voglio rilanciare l’economia francese con l’ecologia: 100 miliardi d’investimenti sociali e ambientali. È una posizione simile a quella del Partito socialista, di cui facevo parte, fino a qualche anno fa».

È cosciente che all’estero si trema pensando a lei presidente? La Francia uscirebbe dalla Ue e dall’euro.  

«Quello è solo un piano B, se non funzione il piano A, che è rinegoziare i trattati europei. Perché si deve pensare che ogni discussione sia già condannata a priori? Non sono io a distruggere l’Europa, sono i trattati europei. Comunque, sono ottimista».

Perché?  

«L’Europa e l’euro senza la Francia non si fanno. Se fossi eletto, mi ascolterebbero».

Perché ce l’ha con la Merkel?

«Il problema è che lei non è la cancelliera dell’Europa, ma solo della Germania. Mi voglio congratulare con la signora Merkel: si è comportata in maniera estremamente razionale. Invece, non sono stati all’altezza i presidenti francesi, Nicolas Sarkozy e François Hollande, che avevano promesso di rinegoziare i trattati e non l’hanno fatto. Ho altri illustri predecessori in quello che voglio fare».

Chi?  

«Il generale de Gaulle, che portò avanti la politica “della sedia vuota” per ottenere la Politica agricola comune».

Cosa non funziona nell’Europa?  

«La politica d’austerità. La Banca centrale, che assicura solo la stabilità dei prezzi, senza riguardo all’occupazione. Poi lo statuto dei “lavoratori distaccati”, per cui ne possono inviare in Francia da altri Stati Ue, pagando lì contributi sociali più bassi. Mettono in concorrenza le nazioni, i cittadini».

Lei è molto critico anche sulla politica commerciale di Bruxelles.  

«Non credo al dogma del libero scambio, che vuole imporci l’Ue. E che vuole imporre pure agli altri. Vorrei, invece, scambi commerciali negoziati, il protezionismo solidale. Protezionismo, sì, perché dobbiamo proteggere i nostri settori produttivi. Poi, non si può fabbricare tutto. E allora applicherei un’organizzazione bilaterale o multilaterale degli scambi, con l’obiettivo di sviluppare i nostri Paesi. Non si deve far entrare qualsiasi cosa».

È cosciente che l’accusano di non essere credibile per l’economia?  

«Oltre i 100 miliardi d’investimenti, prevedo 172 miliardi di spesa pubblica supplementare su cinque anni. Si provoca un ritorno sull’evoluzione dell’economia. Siamo stati molto più moderati di una bolscevica riconosciuta come Christine Lagarde, che per un euro investito dice che ce ne sono 3 di attività generata e consiglia di indebitarsi sulla base di quelle proporzioni. Ecco, noi calcoliamo un moltiplicatore pari ad appena 1,5».

Emmanuel Macron dice che non vorrebbe più industrie con i fumi, ma solo hi-tech. Anche lei?  

«Ormai si può avere un’industria senza lo scarico di fumi, che poi non sono sempre inquinanti. È una visione astratta, di chi sta su un balcone e osserva, di gente che non sa come e cosa si produce: i Paesi hanno bisogno del manifatturiero per svilupparsi. Macron è un uomo di finanza. Per definizione sono dei parassiti, non producono nulla».

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