L’opinione della firma stabiese, Antonio Polito*: Napoli, perché Renzi evita il «suo» Pd

Se fossi Matteo Renzi farei molte cose diversamente da come le fa lui, ma una...

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Se fossi Matteo Renzi farei molte cose diversamente da come le fa lui, ma una cosa la farei proprio come lui. Mi presenterei a Napoli rigorosamente all’insaputa del Pd napoletano, ridotto ormai a un tale ammasso informe di potentati locali e signori della guerra, privo di una leadership e di una linea, da non avere più le caratteristiche vere e proprie di un partito. Insomma, a Napoli meglio soli che male accompagnati dal Pd. Considerate a che punto stanno le cose. L’ex segretario e futuro segretario dei Democratici evita a Napoli i suoi come la peste. Però i suoi lo votano plebiscitariamente nel congresso dei circoli. Se ne deve dedurre che non è un conflitto politico quello che tiene lontano il leader dalla sua base partenopea. Dunque è forse più probabilmente un problema di dignità, di stima, di giustificata mancanza di rispetto.

Lasciamo stare le nefandezze in cui in più occasioni il Pd napoletano ha mostrato il suo dis-valore, tipo gli sgherri che girano davanti ai seggi delle primarie con gli euro in tasca, o le liste della candidata sindaca che risultano imbottite di gente a sua insaputa, nemmeno consultata. La cronaca ne è piena di storie così e in qualche caso anche la cronaca giudiziaria. Pensiamo piuttosto e più semplicemente agli atteggiamenti politici, perché bastano da soli a spiegare la gravità della situazione. Il Pd napoletano, per esempio, ha siglato un accordo di governo e di spartizione di cariche con il sindaco de Magistris nella gestione dell’area metropolitana. Non perché questo sia il segno di una scelta politica qualsiasi. De Magistris stesso si è infatti affrettato a dire che l’ha fatto per pure ragioni «istituzionali».

E del resto non c’è alcuna buona ragione politica perché il Pd a Napoli si allei con un sindaco che dichiara Napoli citta «derenzizzata», cioè con il peggior nemico in città del Pd. Solo ragioni di opportunismo possono spiegare scelte così, criticate perfino da Vincenzo De Luca, che certo non è un idealista e di pragmatismo in politica ne mastica eccome. Il fatto è che quando non sei più un partito ma una federazione di interessi devi per forza stare al governo, perché la tua ragione d’essere è il potere che il governo ti dà, piccolo o grande che sia, nobile o meschino che appaia. Così voti Renzi come segretario, e poi voti con de Magistris che vorrebbe far fuori Renzi, e poi Renzi si vergogna al tal punto di te che evita perfino una stretta di mano.

Il Pd napoletano sembra ormai diventato come quella cosa della pubblicità progresso: se lo conosci lo eviti. L’unica domanda che andrebbe fatta a Renzi è come mai, dopo quattro anni di leadership del Pd, ottenuta anche con i voti degli iscritti e dei militanti napoletani, le cose a Napoli vadano ancora così, e anzi sempre peggio.

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Antonio Polito (Castellammare di Stabia, 11 maggio 1956) è un giornalista e politico italiano.

È stato il fondatore e direttore (dal 2002 al 2006 e dal 2008 al 2010) del quotidiano Il Riformista. Dal 2011 è editorialista del Corriere della Sera; dal giugno 2015 è vice direttore del quotidiano.

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