La caldera. La necessità di risposte sul terremoto

Il recente terremoto verificatosi nell’isola di Ischia ha richiamato ancora una volta l’attenzione sulla natura...

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Il recente terremoto verificatosi nell’isola di Ischia ha richiamato ancora una volta l’attenzione sulla natura sismica e vulcanica del territorio italiano.

Una condizione determinata dalla pressione della placca africana che risalendo verso Nord spinge contro quella euroasiatica, sicché la nostra Penisola viene come stritolata, vedendosi pressare con la parte adriatica che va verso nord-est e quella tirrenica verso nord-ovest, con in mezzo una complessità di fenomeni, quali anche terremoti nell’Appennino centrale, attività vulcaniche sparse dallo Jonio al Tirreno e tante faglie che si riattivano pure in luoghi in cui a memoria d’uomo non si ricordavano scosse.

Gli stessi scienziati, nel caso del terremoto di Ischia, proprio a seguito di tale laboriosità geologica, hanno dovuto rivedere le loro anteriori valutazioni. La tettonica peraltro è ancora una scienza recentissima e anzi questo riesame fa onore ai nostri scienziati che dimostrano di lavorare con serietà.

Però di conseguenza ci si chiede: Se il sisma non è stato in mare al largo, com’era stato detto in precedenza, bensì sotto il paese di Casamicciola nella zona Nord, tra l’altro a quasi 2 chilometri di profondità, dunque sotto la superficiale crosta dell’Isola che in quella zona sarebbe addirittura sprofondato di circa 4 cm, cosa lo ha provocato ? Forse una faglia superficiale sottostante ? Oppure altro ?

È questo che si dovrebbe anche cercare di capire. Poiché circa un anno addietro, in un documentario nel quale sono stati mostrati dei rilevamenti satellitare di quelle zone, soprattutto dell’area Flegrea intorno a Pozzuoli, nonché pure la singolare morfologia di quest’ultimo territorio definito in quel servizio quasi lunare, un geologo dell’università americana ha concluso: “sta mostrando i muscoli e si prepara ad esplodere” (riferendosi presumibilmente alla caldera). Potrebbe tuttavia essere stata quella solo una mera battuta. Non di meno gli scienziati italiani diano pure loro dei pareri e possibili risposte.

Seppure poi in Italia, dire le verità scientifiche fa spesso a pugni con la generale politica e anche certa stantia cultura. Ma qui si tratta della vulcanica Natura e fare retorica non conviene.

Secondo infatti quel documentario, i satelliti avrebbero rilevato nella zona flegrea un’estensione in superficie di circa 155 kmq contraddistinta da una ventina di depressioni simili a vulcani, cui la più piccola di 395 metri mentre la più grande di 43 km. Per dare un’idea a cosa ci si potrebbe trovare innanzi, una delle più note caldere, anche detta supervulcano, quella di Yellowstone ubicata nell’omonimo parco nazionale degli Stati Uniti d’America, nel nord-ovest dello Stato del Wyoming, è larga circa 70 km.

Quel documentario si è giovato pure di una giornalista locale che ha dimostrato come in certe grotte ci sarebbe la risalita di molti gas, presumibilmente solforosi, tanto che già introducendo all’entrata di una spelonca un foglio di carta infiammato, quest’ultimo si è immediatamente spento per assenza di ossigeno.

Per fortuna i tempi geologici non sono quelli umani. E nessuno sa di fatto quando potrà essere il momento della Terra. Ma proprio per tale motivo è meglio scientificamente conoscere e capire per tempo. Aggiungerei sempre e in ogni cosa che riguarda la Natura, in quanto a volte è poi diventato troppo tardi per noi piccoli umani.

Adduso Sebastiano

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