In Italia la famiglia resta patriarcale: perché?

Perché in Italia non è ancora possibile dare il cognome di padre e madre ai...

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Perché in Italia non è ancora possibile dare il cognome di padre e madre ai figli? Linda Laura Sabbadini affronta il tema a 4 mesi dalla sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il sistema a cognome unico. «I Comuni sono in ritardo» spiega «e le persone non trovano le istruzioni chiare nei siti istituzionali».

Se resiste la famiglia patriarcale

Possibile che in un Paese come il nostro permanga ancora l’obbligo del cognome del padre per i figli e le figlie? Possibile che dopo 4 mesi dalla sentenza della Corte Costituzionale che dichiara incostituzionale tutto ciò non ci si adegui velocemente? Purtroppo è così. Ancora una volta. I Comuni stentano a mettere in pratica in modo visibile e chiaro il contenuto della sentenza, le persone hanno difficoltà a capire come fare a mettere il doppio cognome e non trovano chiare note esplicative nei siti istituzionali.

Per non parlare delle notizie sbagliate che circolano in rete. Il ministero dell’Interno emana una circolare dopo un mese, ma non riesce ancora ad essere parte attiva con le altre amministrazioni. Questo è un grande vulnus, ci siamo quasi abituati a passare sopra a uno dei tanti residui del sistema patriarcale nel nostro apparato normativo. E non lo dico solo io, ha usato questi termini anche la Corte Costituzionale nel 2006, quando ha invitato, inutilmente ahimè, il Parlamento a legiferare. Parlava di retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, allora. Ne abbiamo battuti tanti di questi retaggi nel tempo. Abbiamo eliminato la condizione subalterna della moglie nel 1975, e poi il delitto d’onore e il matrimonio riparatore nel 1981, e poi la violenza contro le donne come reato contro la morale nel 1996.

Li abbiamo spazzati via uno per uno. Con fatica, nel tempo, ma lo abbiamo fatto. E’ ora di abbattere anche questo dopo 68 anni dal varo della Costituzione, dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 2006, dopo quella di Strasburgo del 2014 ; dopo quella di novembre 2016 della Corte Costituzionale. Da Strasburgo avevano chiaramente detto che l’attribuzione automatica del cognome del padre rappresentava una chiara discriminazione basata sul sesso. Dalle pagine di questo giornale proprio alla vigilia della sentenza ci auguravamo che la Corte non rinviasse per l’ennesima volta ad un Parlamento che non è stato capace di legiferare in tutti questi anni e se del caso, imponesse una volta per tutte il doppio cognome automatico salvo altra scelta dei coniugi. Avrebbe potuto farlo. Con una forzatura forse, ma legittimata dalla assoluta inerzia del Parlamento in tutti questi anni. Purtroppo non è stato così. Ha dichiarato incostituzionale il divieto al doppio cognome in caso di accordo tra i genitori e ha invitato ancora una volta il Parlamento a legiferare con urgenza, per superare l’assegnazione automatica del cognome del padre, rispettando il diritto alla piena identità del figlio e il principio di parità dei genitori.

Oggi in Commissione Giustizia del Senato scadono i termini per la presentazione degli emendamenti al vecchio testo approvato dalla Camera nel 2014 di un disegno di legge assolutamente insoddisfacente. Ci auguriamo che anche in questo caso si faccia come nel lontano 1975 sulla comunione dei beni dei coniugi: automatica, salvo altra decisione. Stabiliamo chiaramente per legge il doppio cognome automatico, con assegnazione per ordine alfabetico della sequenza dei due cognomi. Daremmo così un segnale importante, di rilevanza sociale e simbolica, un segno di visibile parità dei due genitori nella costruzione della identità dei propri figli. Pari dignità alla madre e al padre. Solo così eviteremo quelle discriminazioni invisibili, sempre presenti in ambito familiare, magari mascherate da tradizione, disinformazione o da apparente noncuranza. E’ il momento che le donne in Parlamento scendano in campo unite, raccogliendo le istanze delle tante associazioni che si battono da anni sul tema, tra queste la Rete per la Parità. E’ il momento che le donne del governo i prendano in mano la situazione.

E’ il momento che gli uomini che credono nei diritti si uniscano a loro. Non è una questione da poco, l’invisibilità delle donne nel loro ruolo di madri, è la punta dell’iceberg di quella cultura maschile e maschilista che ancora resiste nel nostro Paese. Perché ricordiamocelo esiste il diritto inviolabile del minore all’identità personale unitamente al riconoscimento del paritario rilievo di entrambe le figure genitoriali nel processo di costruzione di tale identità. E va garantito per legge.

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lastampa/Se resiste la famiglia patriarcale LINDA LAURA SABBADINI

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