Faccine da cani. Riconsiderare i nostri amici animali

Gioverebbe ciò di sicuro anche ai rapporti tra noi umani.  Domenica 13 agosto a Sant’Alessio...

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Gioverebbe ciò di sicuro anche ai rapporti tra noi umani. 

Domenica 13 agosto a Sant’Alessio Siculo, in provincia di Messina, un paesino turistico-balneare ubicato in prossimità dello Stretto di Messina sulla costa jonica, baciato dalla natura e dal paesaggio, si è svolta una mostra di cani di razza e non, rientrante tra gli spettacoli estivi organizzati dalla locale Amministrazione, che insieme ai commercianti, ha devoluto le proprie legittime indennità, mentre gli esercenti si sono autotassati.

Lo scenario della manifestazione, come per altri eventi, è stato la piazzetta prospicente il lungomare, uno dei luoghi più suggestivi di Sant’Alessio Siculo. Infatti, guardando verso l’orizzonte, a destra si erge il promontorio con l’omonimo Capo e il caratteristico Castello  medievale, ormai un simbolo di riconoscimento del paese; a sinistra invece ci si perde con lo sguardo lungo tutta la Riviera Jonica messinese fino a Capo Alì e ancora fino allo Stretto di Messina con lo sfondo dell’Aspromonte e della sottostante costa calabra. Al centro il luccichio azzurro del mare Jonio.

Ma sono state le espressioni simpatiche – a volte un po’ meno (in un caso il mio smartphone è quasi finito in bocca ad un troppo allegro cagnolone) – che hanno attirato la mia attenzione. Sembravano umane.

Ci dice d’altronde la scienza moderna, che il cervello dei nostri parenti mammiferi e tanto più quello dei nostri cugini primati, se stimolato da medesimi effetti o condizioni, presenta analoghi sintomi e quindi induce in comportamenti simili a quelli umani seppure meno complessi, poiché di base genetica ed evolutiva abbiamo molto in comune.

Forse dovremmo rivedere culturalmente e globalmente il rapporto con i nostri amici animali.

Fino infatti a circa diecimila anni addietro, sempre secondo la recente paleoantropologia, eravamo degli intelligentissimi primati-umani cacciatori-raccoglitori. Poi a seguito di un globale mutamento climatico verso il caldo (seppure siamo ancora all’interno di una macro era glaciale che dura da circa 2 milioni e mezzo di anni), con lo scioglimento dei ghiacci specialmente nell’emisfero boreale, ci siamo adattati passando a fare gli stanziali agricoltori-allevatori e costituendoci per la prima volta in città-stato. E per non rimanere socialmente barbari, abbiamo affidato la gestione dell’esistenza civile di ognuno e della collettiva, a delle leggi amministrate da persone del popolo, elette (non sempre purtroppo) o incaricate in modo specifico.

Ora, dopo la grande rivoluzione civile, di certo molto più consapevole e modernamente scientifica di ogni altra del rispettabilissimo ma empirico passato, iniziata, direi in modo pregnante dal 20° secolo, dovremmo anche riconsiderare le abitudini cavernicole della nostra mente, la quale, anche quando incarnata da millenni di esistenza tribale nella giungla, deserti, tundra e foreste, grazie alla sua fantastica plasticità, se informata, istruita in maniera pragmatica e in modo globale e quotidiano, soprattutto sin dalla più piccola età, ma senza ipocrisie, dissimulazioni e manipolazioni culturali, ideologiche, politiche, dottrinali e propagandistiche,  forse, potrebbe anche rivedere diversamente i nostri parenti animali, quindi non più, ad esempio, come cibo oppure oggetti e cose.

Gioverebbe ciò di sicuro anche ai rapporti tra noi umani, ove spesso, il nostro antico cervello, invece che percepire persone, interpreta o rammenta ben altro di ancestrale e violento.

Adduso Sebastiano

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