I nuovi poveri italiani: i giovani, e peggio staranno da anziani

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I giovani sono i nuovi poveri italiani, in un Paese che vede raddoppiare il numero di persone colpite dalla povertà.

La radiografia realizzata dalla Caritas descrive la ferita del disagio sociale: a soffrire di più sono coloro che hanno meno di 34 anni. Parliamo di quattro milioni e mezzo di italiani: “È un’emergenza sociale”, come riassume Linda Laura Sabbadini nell’editoriale. E non è tutto: in alcune aree del Paese i connazionali chiedono ai volontari della Caritas più aiuti degli immigrati.

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La povertà è una emergenza sociale del nostro Paese. Il Rapporto Caritas parla chiaro. Nel 2015 la povertà assoluta è ulteriormente cresciuta, 4 milioni e mezzo di persone in totale. I poveri assoluti sono coloro che non riescono ad acquistare un insieme di beni e servizi essenziali per garantirsi una vita dignitosa, una misura definita dall’Istat. Nel 2015, sono più del doppio rispetto al 2007: siamo passati dal 3,1% al 7,6%. E questo grande balzo ha comportato una vera e propria riconfigurazione della mappa dei rischi di povertà.

Non sono più gli anziani il segmento a maggior rischio di povertà assoluta, ma i minori, seguiti dai giovani. La povertà assoluta tra loro è più che triplicata rispetto a nove anni fa: i minori sono arrivati a 1 milione 131 mila, il 10,9% del totale, i giovani fino a 34 anni a 1 milione 13 mila, il 9,9%.

Nessun cambiamento per gli anziani, stabili al 4,1% per un totale di 538 mila, non pochi: erano i più poveri nel 2007, sono diventati i meno poveri nel 2015. Se si analizza l’andamento della povertà relativa nel tempo, ci si rende conto ancora di più di come siano mutate le posizioni tra i gruppi di popolazione. Nel 1997 la povertà relativa degli anziani era superiore a quella dei minori di 4,4 punti percentuali.

Quella dei minori ha superato la povertà relativa degli anziani di 11,6 punti nel 2015.Il Sud è sempre in condizioni critiche, i poveri assoluti superano ormai i 2 milioni. Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza sociale che tocca, tra l’altro, due segmenti particolarmente vulnerabili, i bambini e i giovani. La povertà è negativa per tutti. Ma chi da piccolo vive in situazione di povertà e questa si protrae nel tempo, ha purtroppo un futuro segnato: con maggiore probabilità vivrà da povero nel corso della vita. Perché non si tratta solo di povertà monetaria, ma di impossibilità a investire adeguatamente in formazione, cultura, nuove tecnologie. Depauperamento, sia sul fronte del capitale umano che sociale, minori opportunità, maggiore esclusione.
Anche per i giovani la situazione è critica. Ricerche condotte anche a livello internazionale mostrano come la storia lavorativa dei primi anni è fortemente predittiva per la situazione lavorativa futura. L’esclusione dei giovani dal mercato del lavoro prolungata o l’inserimento in lavori marginali e a basso salario, ha un impatto negativo sulle future prospettive di lavoro sia in termini quantitativi che qualitativi.

Caritas analizza anche i dati raccolti presso i suoi 1.649 Centri di Ascolto, dislocati su 173 diocesi. Nel corso del 2015, le persone incontrate sono state 190.465. Il peso degli stranieri continua ad essere maggioritario, per la prima volta gli utenti si distribuiscono equamente tra uomini e donne, il titolo di studio è molto basso. I bisogni o problemi più frequenti che hanno spinto a chiedere aiuto, neanche a dirlo, sono povertà economica (76,9%) e disagio occupazionale (57,2%).

La crisi sociale sarà più lunga della crisi economica e particolarmente dolorosa. Ha ragione Caritas quando propone un Piano Pluriennale di contrasto alla povertà, un graduale e progressivo incremento degli stanziamenti e il potenziamento del welfare locale. Di questo c’è bisogno, prima che sia troppo tardi. Attrezziamoci e dotiamoci degli strumenti più adeguati. Abbiamo bisogno anche di un luogo dove si raccolga la voce dei poveri e dove si elaborino proposte e strategie adeguate, grazie all’incontro dei massimi esperti di povertà da un punto di vista scientifico, delle politiche e dell’associazionismo. Prima c’era. Era la Commissione povertà (Cies), fu sciolta. Non è stato un bene. Perché non ricostituirla?

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