Visco, appello alla politica: ”Non sia miope e rinunci agli slogan”

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Visco non esclude “un intervento pubblico sulle banche in difficoltà”. In Europa però l’esito del voto mette in allarme gli analisti che temono l’instabilità per l’area Ue.

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Analisti e mercati temono quattro scenari post-voto perché comportano instabilità

Che risveglio ci aspetta il prossimo 5 dicembre? Se lo chiede l’Europa. Quella delle istituzioni, della finanza e delle cancellerie, che da settimane si interroga sugli scenari post referendum italiano. Dalle urne possono uscire solo due risultati, ma gli scenari possibili almeno quattro. E basta farsi un giro tra analisti, politologi e osservatori per capire che ogni ipotesi nasconde insidie e suscita preoccupazioni. Come dire: comunque vada, non sarà un successo.

Si va dai timori di poco superiori a quelli per la situazione attuale (l’Italia continua ad essere un osservato speciale) a scenari più catastrofistici, come quello dipinto ieri sul Financial Times da un articolo di Wolfgang Münchau, che in Italia ha dato un elemento in più di dibattito ai due fronti contrapposti. Per l’opinionista, una vittoria del No darebbe inizio a una «crisi della zona euro» e nel nostro Paese potrebbe verificarsi «una sequenza di eventi che metterebbe in dubbio l’appartenenza italiana alla zona euro».

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Il ragionamento è un po’ più complesso della facile sintesi «Se vince il No, l’Italia esce dall’euro», ma il tenore dell’articolo mette in mostra una certa preoccupazione che aleggia negli ambienti finanziari. Anche il Wall Street Journal ieri ha dato conto del fatto che sono bastati gli ultimi sondaggi (con il No in vantaggio) per «innervosire gli investitori». Goldman Sachs, nel suo Outlook sull’Europa, afferma che per l’Italia c’è «un rischio materiale per le previsioni di crescita» e che la vittoria del No «ostacolerebbe gli sforzi per ricapitalizzare le banche italiane più deboli».

Primo scenario

Se dovesse vincere il No, negli occhi degli osservatori ci sono almeno tre ipotesi teoriche sul campo. Renzi si dimette e viene formato un nuovo governo, Renzi rimane nonostante la sconfitta (o ritorna con nuovo incarico), oppure si scivola nel voto anticipato. Un governo-traghettatore verso il voto del 2018? «Sarà molto importante capire se questo governo continuerà sulla strada delle riforme iniziate da Renzi – spiega Guntram Wolff, direttore del think tank di Bruxelles Bruegel -. La crescita italiana deve essere sostenuta e c’è ancora molto lavoro da fare».

Secondo scenario

E se invece Renzi dovesse rimanere in sella nonostante la sconfitta? Anche in questo caso non mancano le preoccupazioni. Nei palazzi dell’Ue sono convinti che «comunque Renzi è garanzia di stabilità». Lo dice, dietro anonimato, una fonte della Commissione, dove però nessuno vuole esprimere giudizi «ufficiali» per evitare accuse di «intromissione». «Ma per Bruxelles sarebbe un brutto colpo – ragiona Pablo Rodriguez, corrispondente dalle istituzioni europee del quotidiano spagnolo El Mundo -. Prima di tutto perché sarebbe il quarto referendum in un anno in cui la gente vota anche contro l’Europa. Poi ci sono le incognite sul possibile cambio di atteggiamento di Renzi. Con una sconfitta reindirizzerebbe la sua politica in una chiave meno europeista, per parlare all’elettorato di Lega e Cinque Stelle».

Terzo scenario  

E se dopo la vittoria del No si andasse presto al voto? In pochi ci credono, perché i «rischi» dovuti alle «minacce» di un’avanzata populista sono troppo forti. «La vittoria delle opposizioni – prevede Mario Telò, docente all’Università Libre di Bruxelles e alla Luiss di Roma – verrebbe condizionata da posizioni estremiste e anti-euro, con effetti disastrosi per la credibilità politica ed economica italiana. Uno scenario “weimariano” da 1932-‘33».

Quarto scenario

E se vincesse il sì? Non tutti si aspettano rose e fiori, anzi. Per Karel Lannoo, Ceo del Centro per gli Studi Politici Europei di Bruxelles, «non bisogna farsi illusioni. Perché Renzi avrà davanti a sé una sfilza di problemi da risolvere. Penso al settore bancario, oppure ai conti pubblici, con i livelli alti di deficit e debito». Interessante il punto di vista di Tobias Piller, storico corrispondente in Italia della tedesca Frankfurter Allgemeine Zeitung. «Vincendo il referendum – spiega – Renzi pretenderà di prendere la guida dell’Europa. Ma l’atteggiamento del premier, che vuole una revisione dei trattati e spinge per non inserirci il Fiscal Compact, rischia di avere effetti opposti in Germania. Da noi alimenterebbe il populismo, visto che un partito come l’Afd è nato proprio sull’onda delle critiche a Italia e Grecia».

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