Il Governo pensa a Telecom per bloccare Ballorè

La Cassa Depositi e Prestiti potrebbe entrare nel capitale dell’azienda di telecomunicazioni per bloccare la...

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La Cassa Depositi e Prestiti potrebbe entrare nel capitale dell’azienda di telecomunicazioni per bloccare la vendita a Orange e costringere Bollorè a trattare.

Per l’Agcom infatti la somma del controllo di Telecom e Mediaset violerebbe le norme Antitrust.

Il governo corre ai ripari: fermare i francesi con Telecom

Cdp nel capitale dell’azienda di Tlc per bloccarne la vendita a Orange e costringere il finanziere bretone a trattare su Mediaset e Generali

ROMA – Quando hai poche legioni e i Galli sono in sovrannumero, attaccali dove meno se lo aspettano. Il governo italiano, alle prese oggi con l’offensiva francese su Mediaset e temendo domani un assalto frontale a Generali, sembra stia facendo tesoro della lezione di Giulio Cesare nel De Bello Gallico. Se nella scalata a Mediaset Roma sembra avere poche armi a disposizione, in queste ore ai piani alti di palazzo Chigi e dei ministeri interessati si starebbe ragionando su una controffensiva direttamente sul quartier generale nemico.

Telecom Italia, che vede in Vivendi il primo azionista con il 24,19 per cento. Ma bisogna andare con ordine. Dalla mattina del 5 dicembre, con l’Italia senza un governo e i francesi che iniziano le loro operazioni sul campo, nei palazzi della politica scatta l’allarme rosso. E se nel giro di qualche settimana Mediaset diventasse francese? Nel governo e al Quirinale torna una definizione diventata di moda durante la campagna referendaria, l’ormai famoso «combinato disposto». Il problema infatti non sarebbe tanto una Mediaset transalpina, quando la concentrazione enorme di potere che ne deriverebbe accoppiandola a Telecom, dove Bolloré è già l’azionista di controllo. Chi comanda in Telecom controlla il traffico di dati e comunicazioni in Italia, compresi quelli più sensibili. Le contromisure tuttavia sembrano inefficaci. Qualcuno nel governo ricorda che l’Italia andò incontro a una procedura d’infrazione europea e fu costretta a stabilire un limite di cinque Mux (Multiplexer, centri di trasmissione) per ogni operatore: 5 alla Rai, 5 a Mediaset e 5 a Telecom. Con l’aggregazione Telecom-Mediaset un singolo operatore avrebbe 10 Mux da solo, quindi il governo potrebbe intervenire invocando il superamento del limite europeo. Sempre sul terreno dell’eccessiva concentrazione, il governo Renzi bloccò l’Opas di Mediaset sulle torri di Raiway, e anche questo precedente potrebbe essere fatto valere. Infine, il golden power, la possibilità che lo Stato intervenga nel capitale di una società «nel caso siano messi a rischio gli interessi nazionali». Nulla vieta che sia applicato al Biscione, dato che l’elenco dei settori definiti strategici nella legge del 2012 comprende anche «le comunicazioni».

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Eppure non è su Mediaset che in queste ore si sta concentrando l’attenzione del governo, bensì su Telecom, la casamatta di Bolloré. Da ambienti finanziari vicini all’industriale bretone trapela infatti la notizia di un’accelerazione nei piani per la vendita di Telecom, che la cura dell’ad Flavio Cattaneo ha fatto diventare molto profittevole, al colosso francese delle tlc Orange. Al governo italiano il piano non è sfuggito – «ha lucidato l’auto prima di venderla», scherza uno degli uomini del pd che segue da vicino la vicenda – e la contro mossa sarebbe farglielo saltare, mettendo in campo l’unica vera massa d’urto rimasta, quella di Cassa Depositi e Prestiti. Che potrebbe entrare nel capitale di Telecom per pareggiare la quota di Vivendi, con un costo stimato in 2,5 miliardi di euro. Un investimento strategico per la Cdp di Claudio Costamagna? «La stiamo facendo entrare nell’Ilva – obiettano nei ministeri che si occupano della controffensiva -, ovvero in un business del secolo scorso come l’acciaio. E non dovrebbe entrare nel capitale di un’azienda di Tlc?».

Oltretutto nel governo spiegano che la mossa su Telecom sarebbe un colpo studiato solo «per costringere i francesi a trattare», per discutere ad armi pari con Bolloré, senza subire passivamente la sua furia. Inserendo nel negoziato la prossima partita, quella ancora più strategica, di Generali, per difendere il leone di Trieste dalle mire di Axa. E per sedersi al tavolo con Bolloré è necessario mettere una pistola sul tavolo, minacciandolo di bloccare la vendita a Orange. Ormai l’intervento dello Stato nella partita non è più un tabù. «Credo – ha scritto pochi giorni fa Antonello Giacomelli, sottosegretario alle comunicazioni – che una riflessione profonda sul ruolo del pubblico sia inevitabile». Se il governo è preoccupato per la perdita degli ultimi campioni nazionali, al Quirinale è suonato anche un altro campanello d’allarme. Cosa accadrebbe infatti nella prossima campagna elettorale con Sky e Mediaset in mano a Murdoch e Bollorè? E se a uno, oppure a entrambi, venisse in mente di dare uno scossone al sistema, magari tirando la volata a una forza antieuropea? I problemi, come si vede, sono molteplici e necessitano di risposte rapide. Anche per questo Sergio Mattarella ha deciso di non lasciare la Capitale in questi giorni di festa, a differenza del ministro Pier Carlo Padoan che a un interlocutore avrebbe dato l’arrivederci «a dopo le vacanze».

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