Disoccupazione: la crisi di una generazione

La disoccupazione giovanile risale al 37,3%, un numero che descrive le difficoltà di una generazione....

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La disoccupazione giovanile risale al 37,3%, un numero che descrive le difficoltà di una generazione. Raccontiamo la storia di Giulia, architetto: per dieci anni ha vissuto un’odissea di precarietà ma da domani sarà assunta.

In Italia frena l’occupazione, ma i dati restano positivi rispetto al 2015

A luglio gli occupati tornano a calare dello 0,3% rispetto al mese di giugno (-63 mila), interrompendo la tendenza positiva registrata nei 4 mesi precedenti. Lo rileva l’Istat sottolineando che, rispetto allo stesso mese del 2015, ci sono 266 mila occupati in più (+1,2%). In questa video scheda abbiamo riassunto cosa va bene e che cosa no nell’ambito del lavoro.

Giulia e i dieci anni da precaria: “Ma domani avrò il posto”

È un architetto: “In quello studio mi davano 400 euro, ma da domani sono a tempo indeterminato”

TORINO «L’ultima umiliazione di architetta precaria da dieci anni mi è capitata prima delle vacanze. Rischiavo di non partire per l’India. Il consolato vuole sapere che lavoro fai, solo così ti concede il visto. Mio padre ha dovuto garantire per me, che ho 33 anni».

L’ultima, perché domani, dopo dieci anni di viaggio nel girone dell’instabilità professionale (tra lavori in nero e finte partite Iva), l’odissea di Giulia Alessio giunge finalmente al termine. «Incrocio le dita, ma stavolta è vero, avrò un contratto a tempo indeterminato, quello che inseguo dal 2007». Giulia è torinese, classe 1982, si è laureata con 110 e lode in Architettura, Restauro e Conservazione dei Beni Culturali. Per la tesi, «avevo anche vinto un premio», racconta. Quando ha messo il naso fuori dall’università, voleva occuparsi di restauro di edifici storici. Oggi, è finita a fare tutt’altro, e mai se lo sarebbe immaginato. Nel mezzo, ha girato per sei realtà, fra aziende private e studi professionali, ha inviato un centinaio di mail con il curriculum, prima di approdare a quel paradiso quasi proibito chiamato «posto fisso».

 

Da qualche parte bisogna pur cominciare. Giulia, figlia di una maestra elementare e di un informatico, ha fatto il battesimo della carriera con due architetti di Chivasso, «marito e moglie, lei è rimasta incinta, io sono capitata al momento giusto». Già, ma quando si è trattato di pagare, i due professionisti di dieci anni più vecchi «le hanno allungato una busta a mano, con 400 euro, giusto il rimborso delle spese di viaggio da Torino». Non se ne sarebbe andata dopo un anno e mezzo, se lo studio non fosse finito in causa con il proprietario di un terreno. Da un giorno all’altro, il titolare le ha mandato una mail, chiedendole scusa e intimandole di riconsegnare al più presto le chiavi dell’ufficio. Ma da cosa nasce cosa. Arriva un contatto con uno studio di Vanchiglia, un quartiere di Torino, che propone alla 27enne il part time. Sempre in nero, 6 euro l’ora. Per rendersi indipendente dalla famiglia, accetta e inizia la trafila di lavori e lavoretti paralleli, tra cui «promoter e modella per capelli, perché tutto fa brodo».

In Italia frena l’occupazione, ma i dati restano positivi rispetto al 2015

All’epoca, andava bene così. Nel 2009 decide di frequentare una scuola di specializzazione post laurea di due anni. Intanto, stufa di stare senza contratto, sbarca in un importante studio di architettura di Leinì, che la prende per tre mesi e «mi promette meraviglie». Lei, come gli altri stagisti, verranno lasciati a casa dopo il periodo di prova. È la volta del consorzio di progettazione di pompe di benzina, che ha l’appalto dall’Eni e la obbliga ad aprire la partita Iva. Siamo nel 2010. Tempo due anni, il gruppo andrà in crisi.

Che fare? «Mia sorella mi è corsa incontro. Lavora in un’agenzia interinale. Troviamo una giovane azienda torinese che si occupa di fotovoltaico, mi assumono come architetto per le certificazioni energetiche». Arrivano il primo contratto a tempo determinato e le prime vacanze («con il diritto di essere pagati anche mentre ti riposi»). Un idillio di tre anni, fino a settembre 2015, quando «tutto l’ufficio tecnico viene licenziato». L’incubo a cui Giulia non voleva credere: «Ho pianto per due settimane – ammette -, poi mi sono decisa a dare una svolta».

Si è iscritta a un corso regionale di progettazione meccanica e ha accettato di tornare «stagista, un’umiliazione a 32 anni, in mezzo a tanti ragazzini». Con il sussidio di disoccupazione, ha scommesso su se stessa. È piaciuta. Domani andrà a firmare il contratto con la multinazionale dello stage, che lavora per l’AgustaWestland. Andrà a progettare pezzi meccanici per i velivoli a Samarate, Varese. Dopo 10 anni, il posto fisso non è proprio piovuto dal cielo.

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lastampa/Giulia e i dieci anni da precaria: “Ma domani avrò il posto” LETIZIA TORTELLO

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