A Torino è caccia ai colpevoli

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Sono 1527 le persone rimaste ferite nella notte di panico in Piazza San Carlo a Torino. Sei sono gravi, fra queste un bambino di sette anni in coma. Le immagini di quanto capitato fra i tifosi che seguivano la finale di Champions della Juventus hanno fatto il giro del mondo. Una brutta cartolina per una città che fa delle sue piazze un vanto.

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TORINO – Si cerca un intero gruppo di tifosi bianconeri, immortalato dalle telecamere puntate su piazza San Carlo. Gli investigatori della Digos di Torino avrebbero già individuato e identificato alcuni ragazzi che si trovavano in quella porzione di piazza intorno alle 22,15, proprio «all’altezza dei civici 195-197, alla destra del maxischermo». Da qui sono partite le due ondate di panico che l’altra sera, a pochi minuti dalla fine del match tra Juve e Real Madrid, hanno attraversato la folla, provocando più di 1500 feriti, di cui tre in condizioni gravi: in particolare un bambino di origini cinesi, di 7 anni e una ragazza di 26, residente a Monasterace in provincia di Reggio Calabria. Attorno a questo gruppetto si restringerebbe il cerchio degli investigatori coordinati dal pm Antonio Rinaudo. Al momento il fascicolo aperto dalla procura torinese è contro ignoti, e non ha ipotesi di reato, come confermato dallo stesso procuratore capo Armando Spataro. «Al momento – afferma – stiamo cercando di ricostruire l’esatta dinamica dei fatti».

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Ieri, in questura, si sono susseguite più riunioni, per confrontare i primi riscontri di indagine. Sono infatti centinaia i video da esaminare, tra quelli ripresi dagli spettatori e quelli dei mezzi di informazioni presenti in piazza San Carlo. Più le testimonianze già raccolte. «La nostra priorità – afferma il questore Angelo Sanna – è quella di accertare le cause che hanno scatenato il panico. Per questo motivo invitiamo tutti gli spettatori presenti nella piazza a contattarci, per aiutarci a ricostruire gli venti della serata». Grazie agli appelli, fatti ieri dopo l’incontro al tavolo per la sicurezza, presieduto dal prefetto Renato Saccone, sono arrivate in questura più di 4000 segnalazioni e tweet.

Anche grazie ai contatti social si cerca di ricostruire la catena degli eventi che ha trasformato il volto della serata, tra i 30mila tifosi accorsi nel centro di Torino. Molti hanno raccontato di aver sentito una o più esplosioni a lato della piazza. Petardi s’intende. Altri hanno detto di aver udito frasi minacciose. Come: «bomba, adesso scoppia». La psicosi per gli attentati terroristici ha fatto il resto, creando un contagio collettivo di panico. Ricostruzioni, queste, che trovano riscontro nelle prime note d’indagine.

«Benché le indagini siano tuttora in fase di sviluppo – scrive la Digos – un’ipotesi emersa dalla ricostruzione dei fatti potrebbe far ritenere che l’improvviso movimento di massa di persone sia stato provocato dalla esplosione di un piccolo petardo e dal comportamento di qualcuno che avrebbe creato panico tra gli spettatori». Nel corso di un sopralluogo subito dopo la fuga di massa, gli investigatori hanno sequestrato «alcuni artifici pirotecnici». Ieri, in serata, si è diffusa la notizia dell’interrogatorio di due giovani che avrebbero fatto parziali ammissioni, a proposito di una bravata. Circostanza smentita dalla procura.

Un altro aspetto dell’indagine, però, riguarda la sicurezza della piazza. Gli agenti infatti hanno posto sotto sequestro «la ringhiera delle scale del parcheggio sotterraneo crollata sotto il peso della folla». La pressione esercitata dalla folla ha provocato il cedimento della protezione di ferro, causando la caduta di alcuni spettatori nella rampa sottostante. L’area è tuttora presidiata, in attesa che la procura disponga accertamenti. Gran parte della piazza è diventata come una «grande scena del crimine». Infatti gli agenti della polizia scientifica hanno fatto vari rilievi. Anche nei negozi e nelle abitazioni dove la gente ha cercato riparo, provocando danneggiamenti.

Indagati anche due giovani, un egiziano e un italiano, sorpresi dai carabinieri a rubare nelle borse e negli zaini abbandonati dagli spettatori, durante la fuga.

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