PSICOTERAPIA – “Liberati dai sensi di colpa e guarirai dal cancro”. Le mail shock del medico

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PSICOTERAPIA – La paziente morta per un melanoma e la dottoressa che voleva curarla con le tecniche  “psicoterapeutiche” di Hamer. Agli atti dell’inchiesta tutta la loro corrispondenza

TORINO. “Inizio a essere preoccupata: ho paura di non riuscire a guarire il mio neo, di non capire quale sia l’origine e di non tornare a ristabilire l’equilibrio psicologico che richiede la cura. Intanto lui diventa sempre più grande, si diffonde, mi divora. E temo che non voglia aspettare i miei tempi”. Chi scrive è Marina L., una donna che prova la paura più grande, l’angoscia di perdere la vita a causa del cancro. È il gennaio 2013, un anno e mezzo prima di morire. Vede il neo sulla spalla crescere, diventare un “mostro” di oltre dieci centimetri, sanguinare, farle sempre più male: il referto dirà che è un melanoma maligno, un tumore della pelle del tipo peggiore. Per questo aggiorna la sua dottoressa di continuo sulle proprie condizioni. Le esprime i dubbi che l’attanagliano: toglierlo, come da anni tutti le dicono di fare. Ma non la dottoressa Germana Durando, medico di base ed omeopata torinese, che alla paziente risponde con le teorie del discusso ex medico tedesco, latitante, Rike Geerd Hamer: rifiuto delle terapie tradizionali per la lotta contro il cancro, solo cure a base di gocce omeopatiche e un profondo lavoro psicologico con se stessa per sconfiggere quel tumore che la sta “mangiando”. “Certo che il tuo neo ti aspetta” le diceva la dottoressa. La guarigione? “Yes, we can!!! Basta volerlo: prendi la 35k (un rimedio omeopatico, ndr) per tre volte al giorno, e no ai sensi di colpa”.

Negli atti dell’inchiesta appena chiusa dalla procura di Torino sulla morte di Marina, che aveva 53 anni e una figlia adolescente ora rimasta sola, c’è un impressionante scambio di mail tra la donna, deceduta nel 2014 per le conseguenze di quel neo che le ha portato 13 metastasi al cervello, e il suo medico, che le diceva prima di non togliere il melanoma, e poi nemmeno i linfonodi che ormai erano diventati tumorali. Un carteggio che ha fatto scattare per Germana Durando, difesa dall’avvocato Nicola Ciafardo, l’accusa di omicidio con l’aggravante della colpa con previsione per aver “incredibilmente impedito alla sua paziente un approccio diagnostico e terapeutico, che sarebbe stato necessario sulla base delle più elementari conoscenze mediche” come si legge nella perizia della procura svolta dal medico legale Roberto Testi. Le è stato poi contestato dal pm Stefano Demontis anche il reato di soppressione di atto pubblico, per la sparizione della cartella clinica che non è stata più trovata durante la perquisizione nel suo studio nella zona precollinare della Torino bene. A far partire l’inchiesta è stato il fratello della vittima, assistito dall’avvocato Marino Careglio, un medico che vive a Roma che ha scoperto quello che era accaduto quando ormai era troppo tardi.

Nel maggio 2013 Marina aveva previsto cosa le sarebbe successo di lì a pochi mesi: “Ciao Germana, ti mando un aggiornamento: il neo non migliora. È ancora più gonfio, sanguina, ha un cattivo odore, mi fa male ed è sempre più brutto. Come farò al mare quando tutti mi diranno “cosa aspetti a togliertelo?”. Io vorrei che si seccasse e cadesse come una crosta, ma forse non ho capito niente dei segnali che arrivano e lui peggiora. Forse partiranno tutte le metastasi, morirò e tutti diranno: “gliel’avevamo detto”. Allora penso che devo subito scrivere al mio ex perché così guarisco”. Dice così perché sulla base delle cinque leggi biologiche su cui si fondano le teorie hameriane, la guarigione dal cancro può avvenire solo risolvendo gli choc psicologici che hanno causato il male. Come era successo ad Hamer colpito da un cancro dopo la morte del figlio all’isola di Cavallo per un proiettile vagante forse sparato da Vittorio Emanuele di Savoia. Per questo nelle mail di Marina, il neo maligno viene anche definito “il maestro”.

La dottoressa le risponderà: “Cosa stai prendendo come rimedio omeopatico? Ci vediamo presto, intanto tu lavora sul perdono e cerca di incontrare il tuo ex: è lui il tuo punto di svolta. Mandami la lettera che vorresti scrivergli”. Ma con il passare dei mesi i dubbi diventano sempre più forti: “Sono stanca, tu mi parli di perdono e di angeli, mi dici “fai così o non ti salvi”, ma le tue parole non sono le mie, io cerco di venirti dietro, ho sempre cercato di seguirti perché temevo che altrimenti non mi avresti più curato”. La implora: “Tu sei la mia dottoressa, un faro nel buio. Ma ogni seduta con te sto peggio”.

Quelle sedute in cui per guarire dal cancro si parla soltanto, non servono. E la situazione precipita. Nel novembre 2013 alla sua dottoressa scrive: “Ho paura che il cancro vinca e che io muoia, faccio tutto quello che mi dici, non ti voglio rimproverare: mi fido di te”. “Accetta ciò che il tuo corpo ti chiede – è la rispostadella Durando – e continua così: procurati il Sulphur (un rimedio omeopatico a base di cristalli di zolfo, ndr). Aggiornami fra qualche giorno”. I colloqui e le visite dureranno fino a due settimane prima di morire: la cura del cancro con gocce di erbe e tante parole non ha funzionato.

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