L’attacco del nerd emarginato alla moschea in Canada

Un giovane canadese apre il fuoco sui fedeli in preghiera nella moschea di Quebec City,...

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Un giovane canadese apre il fuoco sui fedeli in preghiera nella moschea di Quebec City, in Canada. È un attacco che colpisce i musulmani e lascia a terra sei vittime, compreso l’imam, e sei feriti. Il premier canadese Justin Trudeau rassicura le comunità musulmane: «Questa è casa vostra, vi difenderemo». Paolo Mastrolilli, inviato de La Stampa, descrive il profilo del ragazzo di 27 anni che è stato fermato per l’attentato.

Alex, nerd emarginato, fan di Trump e Le Pen “Odia sinistra e immigrati”

Secondo i compagni era attratto dai suprematisti. Gli altri universitari: stava soltanto con il fratello

WASHINGTON – Ammira Donald Trump, Marine Le Pen e le forze armate israeliane, ma anche il senatore McCain, George Bush, il New Democratic Party del Canada, e viene descritto dai compagni di classe come un «nerd» solitario ed emarginato. Il profilo di Alexandre Bissonnette, lo studente di 27 anni incriminato per la strage nella moschea di Quebec City, corre lungo il confine tra l’estremismo xenofobo e l’instabilità caratteriale.

Bissonnette è un canadese francofono, nato a Cap-Rouge e iscritto alla Université Laval, dove seguiva i corsi di Scienze politiche. La sua pagina su Facebook, cancellata dopo l’arresto, pubblicava foto personali non particolarmente significative, tranne quella che lo ritraeva come cadetto della Royal Canadian Army, ma anche alcune indicazioni delle sue opinioni. I «like» erano dedicati al nuovo presidente degli Stati Uniti, alla candidata della destra francese all’Eliseo, e alle forze armate israeliane, ma anche al senatore McCain, che sta emergendo come uno degli oppositori repubblicani più determinati del capo della Casa Bianca, e al New Democratic Party del Canada, cioè una formazione di sinistra.

Davanti alla domanda se Bissonnette sia stato motivato dalle dichiarazioni di Trump sugli immigrati, dalle polemiche suscitate dal suo decreto che bandisce i cittadini di sette Paesi islamici, o dalla decisione del primo ministro Justin Trudeau di offrire ospitalità ai rifugiati rdagli Stati Uniti, il premier della regione del Quebec Phillippe Couillard ha risposto così: «Viviamo in un mondo dove le persone tendono a dividersi, invece di unirsi. Il nostro Paese, il Canada e il Quebec, deve rimanere un faro di tolleranza».

Per capire meglio la personalità di Alexandre, i media locali si sono rivolti a chi lo conosce, in particolare ai suoi compagni di studi. Mikael Labrecque Berger ha detto a «Le Journal de Quebec» che Bissonnette ha un fratello gemello con cui passava quasi tutto il suo tempo: «A parte lui, non lo vedevo mai con altra gente». Secondo Labrecque, il killer era «un nerd non popolare, e gli altri ragazzi non lo prendevano sul serio. Rispondeva agli insulti che riceveva, ma non usava mai la violenza fisica. Lui e il fratello non erano integrati con i compagni». In altre parole un emarginato, con un profilo che ricorda quello dei giovani introversi e isolati, che in altre occasioni sono esplosi soprattutto nelle scuole americane, sfogando la loro frustrazione con stragi tipo quella avvenuta a Columbine.

Altri compagni, però, intravedono una forte motivazione politica nel suo attacco. Secondo Eric Debroise, che ha contattato la polizia per offrire informazioni, Alexandre «ha opinioni politiche molto a destra, vicine agli ultra nazionalisti e ai suprematisti bianchi». Quindi ha aggiunto: «Amava molto Trump e aveva un malcontento permanente contro la sinistra».

Un altro studente citato dal «Journal de Quebec», Jean-Michel Allard-Prus, ha raccontato che era in contatto con Bissonnette e spesso discuteva con lui di politica: «Aveva idee di destra, pro Israele, e anti immigrazione. Ho avuto diversi dibattiti con lui riguardo Trump, era evidentemente in suo favore».

Il gruppo Bienvenue aux Réfugiés ha scritto che il killer «era noto a diversi militanti del Quebec, per le sue prese di posizione identitarie pro Le Pen e antifemministe all’Université Laval». L’inchiesta è appena cominciata, e il fatto che Alexandre è stato catturato vivo aiuterà a capire le sue motivazioni. Nel frattempo il sindaco di New York de Blasio ha deciso di rafforzare la sicurezza davanti alle moschee della città, temendo il contagio delle violenze contro i musulmani.

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